Il Giappone e le Morti per Eccessivo Lavoro
In Giappone la parola karoshi significa “morte per eccessivo lavoro”. La piaga giapponese ha causato l’ennesima vittima, una ragazza ventiquattrenne alla Dentsu.
Vivere per lavorare e lavorare per vivere. Almeno finché morte non li separi.
In Giappone la parola esatta è karoshi, che letteralmente significa “morte per eccessivo lavoro”. Una piaga che nel Sol Levante ha causato l’ennesima vittima, una ragazza di ventiquattro anni.
Matsuri Takahashi lavorava per l’agenzia pubblicitaria Dentsu e aveva accumulato 105 ore di straordinari in un mese. Nonostante cercasse di mantenere un aspetto dignitoso, il suo account Twitter era diventato l’unica valvola di sfogo, dove confessava le precarie condizione di salute.
Scrive in un post prima di saltare dalla finestra del dormitorio aziendale nel dicembre 2015. E’ per questo motivo che lo scorso dicembre il CEO di Dentsu, Tadashi Ishii, ha annunciato le sue imminenti dimissioni, al fine di assumersi la responsabilità della morte di Takahashi.
Il danno alla reputazione di Dentsu è solo una delle facce della medaglia. L’agenzia pubblicitaria è nota per la sua esigenza in termini di lavoro e commitment: nel 1950 il presidente incoraggiava i propri impiegati a portare a termine il lavoro e soddisfare i clienti “anche se questo vi uccide”. Tuttavia, la morte di Takahashi ha scosso tanto fortemente l’agenzia, da convincerla ad apportare drastici cambiamenti alla cultura aziendale.
Attualmente, le luci del quartier generale si spengono alle 10 di sera, per segnalare ai dipendenti la fine dell’orario di lavoro. Inoltre, è stato introdotto l’obbligo di prendere almeno cinque giorni di ferie ogni sei mesi per recuperare le energie.
Ma nonostante gli sforzi della Dentsu di recuperare credibilità sul mercato, le circostanze della morte di Matsuri Takahashi hanno attirato l’attenzione delle autorità e rivelato alcuni scheletri nell’armadio dell’azienda.
Infatti, il Ministro della Salute, del Lavoro e del Welfare giapponese ha sottolineato che la ragazza era solo un esempio delle dozzine d’impiegati che accumulano straordinari come punizione. Straordinari che spesso non vengono riconosciuti dall’azienda per non violare le leggi sul lavoro: è stata aperta un’inchiesta, ma per il momento le autorità stanno ancora raccogliendo le prove.
Inoltre, dall’account Twitter della vittima sono emerse le prove di bullismo e mobbing da parte dei suoi capi, che spaziano dalle eccessive critiche sul lavoro a commenti sessisti sull’aspetto fisico. In una conferenza il sostituto Presidente, Shoichi Nakamoto, ha riconosciuto l’abuso di potere da parte dei supervisori sui dipendenti.
È evidente la necessità di un cambiamento drastico nella cultura delle aziende e nella mentalità dei lavoratori. Nonostante siano state introdotte nuove regole, lavorare fino a tardi è ancora sinonimo di lealtà verso l’azienda, ripagata dai datori con la totale sicurezza sul lavoro alla quale i dipendenti non rinunciano con facilità.
Le crescenti minacce alla vita e alla salute sono sempre più allarmanti. Una ricerca di ottobre ha esaminato 10 mila casi di karoshi e le cause della morte: è stato evidenziato che più del 20% dei casi ha accumulato almeno ottanta ore di straordinario in un mese e le morti sono causate principalmente da suicidio, infarto, arresto cardiaco o colpo apoplettico. Tutte conseguenze di un eccessivo stress fisico.
Perciò, il Primo Ministro Shinzo Abe si è attivato per riformare lo stile di lavoro, rendendo più allettante il tempo libero per i lavoratori giapponesi. I risultati sono sorprendenti. Secondo il South China Morning Post, dal 2012, quando sono stati dimezzati gli straordinari consentiti dalla legge e i profitti delle aziende sono in forte crescita. Si dimostra, infatti, che il lavoro extra non equivale a profitti extra, ma assicura maggiori possibilità di burnout.
È tempo, quindi, che il Giappone prenda in seria considerazione questi numeri che gridano a gran voce l’importanza dell’equilibrio tra vita lavorativa e privata per una sana e crescente produttività.