Perline diamantate come proiettili di morte. Una volta in cava si moriva così più che sotto alle bancate. Quel filo diamantato, “maledetto” per i vecchi cavatori, usato per tagliare il marmo si spezzava e colpiva, proprio come sparato da una pistola, i lavoratori che armeggiavano vicino alla macchina di cava. Da tempo – e dopo tanti incidenti – il filo diamantato era stato messo in sicurezza: coperto da una guaina plastificata che avrebbe dovuto evitare le rotture e gli incidenti.
Ieri pomeriggio Nicola Mazzucchelli, padre di quattro figli, sorvegliante della cava Calocara 102 della Sagevan di Gemignani e Vanelli, è morto nel ventre delle Apuane. Una perlina di filo diamantato lo ha colpito alla testa. Per lui non c’è stato nulla da fare, era già morto quando sono arrivati i soccorritori del 118.
Quella macchina da taglio e quel filo erano regolamentari: lo ha detto subito dopo il sopralluogo in cava l’ingegner Maura Pellegri, responsabile del Dipartimento prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro. Ma il filo si è spezzato, proprio durante una fase del lavoro che Nicola e il padre Carlo, “Carlotta” come lo chiamavano qui al monte, storico capo cava, prima di lui, avevano fatto per migliaia di volte.
Adesso è il tempo del dolore ma anche delle indagini per fare chiarezza sull’incidente mortale. In cava, insieme ai soccorsi, sono arrivati i carabinieri che hanno cominciato a sentire i primi testimoni, i colleghi. Quei compagni di lavoro che sono stati fra i primi a cercare di rianimare Nicola. A cercare di strapparlo alla morte.
Una morte che colpisce una famiglia conosciutissima in città (Nicola è il quinto di sei fratelli) è legata a doppio filo al mondo delle cave dove ha lavorato per tutta la vita il padre Carlo, e dove lavora ancora uno dei fratelli di Nicola, Enrico. Un altro, Massimo, era stato anche lui operaio al monte, poi dopo un incidente, si era dedicato a un’altra attività commerciale e aveva aperto con la figlia un notissimo negozio di frutta e verdura di Marina di Carrara.
La morte di Nicola Mazzucchelli ha colpito al cuore la città di Carrara. Perché è un’altra morte sul lavoro. Un’altra morte alle cave. Una vita spezzata a 46 anni.
Il sindaco Angelo Zubbani fatica a trovare le parole: «Non so davvero cosa dire, sono sotto choc, è un dolore troppo grande, un dolore che colpisce tutti». E la città nel primo pomeriggio di ieri si è come fermata. Nei bar, nei locali, per strada non si parlava d’altro. Del morto alle cave. Di un altro morto alle cave.
Al cordoglio del sindaco fa da contraltare la rabbia del sindacato. A parlare, con impeto, è Andrea Figaia, segretario confederale della Cisl Toscana Nord. «Alle cave c’è uno stillicidio di morte, se va bene una volta l’anno – dichiara Andrea Figaia – Questa cosa si coniuga, in modo maledetto, con la mancata regolamentazione del settore marmo. Sono trascorsi decenni inutilmente, fra rinvii del regolamento, ricorsi alla Corte Costituzionale, tempo passato senza che si siano prese delle posizioni ben precise». «Questo atteggiamento rispetto al mondo del marmo – continua il segretario della Cisl – si coniuga con la morte. Non siamo più ai tempi di mio nonno, siamo nel 2015: non si può più morire sul lavoro, non si può morire in cava».
Andrea Figaia poi passa all’attacco, con una dura presa di posizione verso il mondo delle cave. «Voglio dirlo fuori dai denti, consapevole del peso delle mie dichiarazioni – spiega – Questo settore è un enclave, non c’è lo Stato, non c’è chi controlla. Chi è che deve intervenire? Voglio una risposta a questa domanda. Credo sia doveroso per la città, per le famiglie e per i lavoratori del marmo».
Sorgente: Quelle perline come proiettili uccidono ancora – Cronaca – il Tirreno